martedì 12 marzo 2013

Poesie di primavera - Sengai Gibon


Riportiamo qui i versi (ed alcuni disegni) del poeta giapponese Sengai Gibon (1750-1837), che il monaco Francesco ha letto presso la Sede de Il Cerchio nel pomeriggio di primavera di sabato 9 marzo.


A cosa paragonare la nostra vita?
A un lampo o a una goccia di rugiada…
Così penso – ma già non è più.

Nell’eremo delle illusioni
i fiori dell’alba
sbocciano, appassiscono,
appassiscono e sbocciano.
Tutto questo è solo un sogno;
luce del mattino sui fiori
nel tempio delle illusioni.

Si dice che la comunità del Buddha
fosse composta da ottantamila individui;
anche Confucio aveva tremila discepoli.
Io siedo solitario sulla pietra muschiata fra i glicini,
e a tratti osservo le nubi che trascorrono.



Come una zucca che galleggia: mai immobile, ora sopra ora
sotto l’acqua, in balia delle onde – del tutto estranea ai
propri movimenti. Se anche venissero a prenderla il
Buddha o il Diavolo, Yao o Shun, Confucio o Mozi,
Laozi o Zhuangzi, la zucca sfuggirebbe loro di mano.
Sorprendente!

Quando vedo le ombre
nel seno del grande vuoto,
come mi appare libera, e intrepida,
la luna nella notte autunnale!

Il mio pensiero costante,
la mente, il Buddha e tutti gli esseri,
nessuna differenza fra i tre.
  
Squartane uno, squartali tutti,
il gatto non è l'unica cosa al mondo.
C'è posto per tutti:
per i monaci a capo dei due dormitori
ed anche per Wo il vecchio maestro.
  
Le rape e i monaci zen
sono migliori se ben seduti.
  
Che tu parli o non parli
riceverai comunque
trenta colpi di bastone.
  
Le poesie vanno lette a chi possa comprenderle;
il sake va bevuto con chi ti conosce.



Perchè ridono?
Le nuvole, che non fanno giuramenti,
attraversano il ponte di montagna
di giorno e di sera
in assoluta libertà.

Quando vedo le ombre
nel seno del grande vuoto,
come mi appare libera, e intrepida,
la luna nella notte autunnale!

A cosa va paragonata
la nostra vita?
E' come un monaco
che cerca di allungare le braccia:
ma se un braccio è disteso,
l'altro sarà contratto.

Schiacciati gli occhi
e vedrai due lune d'autunno!
  
Oh granchio, granchio!
Pensi che il mondo sia
come le rive di Naniwa,
dove ti muovi libero
fra i canneti.
  
Il bene e il male
escono
dagli occhi, dalla bocca, dal naso?

Proprio perché stiamo
tra il bene e il male
ci delizia la fresca brezza della sera.

Vivere o morire.

Non è pazienza sopportare
ciò che è sopportabile;
pazienza è sopportare l'insopportabile.


Ci sono cose che un saggio non riesce a fare mentre
uno stupido si. E scoprendo di aver inaspettatamente
trovato la vita nella morte, egli ride di cuore.
  
La compagnia delle donne
è meglio dei ciliegi in fiore,
persino a Yoshino!

Ad uno ad uno crescono
fitti i bambù;
le loro radici congiunte
sulle montagne e nei fiumi.

C'è più gusto sotto il naso
che sotto i fiori.
Ma noi contadini siamo il principio del mondo.

La luce del giorno muore
come ignara goccia
di rugiada.
Rifiorirà la vita
con i convolvoli?

Purificatevi nella prima acqua del nuovo anno
e giorno dopo giorno bagnatevi di nuovo,
nuovi ogni giorno.

Difficile distinguere un airone bianco sulla neve;
ma come spiccano i corvi!


lunedì 11 marzo 2013

La primavera, che un giorno...




La primavera, che un giorno apparve col suo seguito 
nel mio giardino, 
s’alzò chiassosa 
nell’abbondanza d’innumeri petali, 
nel melograno, nelle campanule, 
nelle nuove foglie, di foresta in foresta: 
con i suoi molteplici baci 
turbò l’azzurro del cielo: 
fece poi ritorno silenziosa 
nel mio eremo deserto: 
senza battere ciglio 
rimane ferma, 
nascosta in un angolo 
della mia casa solitaria: 
guarda lontano, verso l’orizzonte, 
dove il verde svanisce 
e muore l’azzurro del cielo. 



Rabindranath Tagore (1861-1941), premio Nobel per la letteratura nel 1913

Tagore e Gandhi

mercoledì 6 marzo 2013

Il melo nell'oceano

Un vecchio maestro, un antico Buddha disse: In un luogo dell’Oceano, a una profondità infinita, un melo sboccia in una moltitudine di fiori. 
Chi vuole vederlo e si immerge nell'acqua deve perdere qualche cosa, una scarpa, i capelli o un ricordo. 
Più profondamente egli si immerge, più cose di se stesso perde ed oblia nell’acqua verde e frusciante come un bosco di faggi. 
Per esempio dimentica di respirare. 
Eppure respira. 
E non respira acqua. 
Chi giunge a vedere il melo come lui sboccia in fiori di carne e di acqua luminosa. 
Come fare a immergersi? 
In quel punto dell’Oceano l'acqua è così densa che neppure uno spillo potrebbe penetrarla! 
Dimentico anche dello spillo, il drago azzurro vi scompare in un diadema di spruzzi. 
Ogni goccia ricadendo diviene un seme. 
Ogni seme, sul fondo dell’Oceano, si sviluppa in un albero di melo. 
Ogni melo fiorisce di fiori preziosi. 
E il drago? 
Non c’è mai stato. 
Così neppure l’albero di mele. 
Ogni respiro si fa fiore nella profondità della mente. 

di Pietro Homyo, monaco zen





Amo molto i merli, sia i maschi neri col becco giallo, che le femmine, più discrete....
Qui, vicino alla mia casa, c’è un piccolo giardino e ne vedo ogni giorno molti, col loro becco giallo...
Non so perché, ma quando vedo un merlo penso subito alla dolcezza e alla compassione del bodhisattva, colui la cui natura è il Risveglio..... 

Sul ramo secco 
Non cade anche stanotte 
II vociare del merlo. 

Davvero dolce

Nel becco del merlo 
la ciliegia matura. 


di Maresa Myogen, monaca zen




Yoga e purificazione

Lo stimolo per la riflessione sul tema della PURIFICAZIONE, in questo trimestre, ci viene dallo yoga: purificarsi perché? Da che cosa? Come?

In senso generale per liberarci di ciò che del vecchio non ci è più utile o è addirittura nocivo e fare spazio al nuovo, per rendere più creativa la nostra vita. Per quanto riguarda il come e il perché dobbiamo fare riferimento alla visione dell’essere umano nella concezione dello yoga: cioè come una realtà bio-psico-spirituale composta da più involucri o corpi strettamente connessi ed interagenti tra loro.
Li considereremo quindi singolarmente tenendo presente che, a causa della stretta interrelazione reciproca, la purificazione di ciascun corpo produce effetti a catena su tutti gli altri. 

Purificare il CORPO FISICO significa liberarci, almeno in parte, dalle sostanze tossiche che ingeriamo, assorbiamo, respiriamo, produciamo, mantenendo così con il nostro strumento di azione nel mondo sano, pulito ed efficiente. Il beneficio non consiste solo nel sentirci bene e disporre pienamente delle nostre potenzialità sul piano corporeo e nel godere a pieno della nostra sensorialità, ma riscontriamo rapidamente effetto sulla nostra vitalità (corpo energetico), migliora l’umore (corpo emotivo), la lucidità mentale e la capacità di concentrazione (corpo mentale). 
La purificazione sul piano fisico si attua attraverso una corretta alimentazione, la pratica dello Hatha yoga (asana e pranayama), la pratica dei Sat Karma (specifiche tecniche di purificazione degli organi interni), alcune pratiche naturopatiche quali il digiuno, l’idroterapia e l’urinoterapia e, perché no, anche il supporto di alcuni rimedi naturali. 

Il CORPO ENERGETICO è l'aspetto sottile del corpo fisico, il vero responsabile della nostra vitalità e risente di tutti i danni che ci procuriamo a partire dal corpo fisico (abitudini di vita scorrette: cibo, fumo, alcol, ritmi di vita irregolari o inadeguati), così come di quelli che originano nel corpo emotivo (gestione delle emozioni).
Purificarlo significa migliorare la nostra vitalità ed il nostro equilibrio psico-fìsico ed affinare la nostra ricettività sul piano energetico. 
La purificazione di questo corpo avviene attraverso specifiche tecniche di Pranayama (tecniche respiratorie), Krya (tecniche mentali), Mantra (tecniche vocali) ma risente anche della purificazione del corpo fisico e del corpo emotivo. 

Il CORPO EMOTIVO è il corpo dell’emozione e del desiderio: su questo piano ci purifichiamo attraverso l’attività motoria, il contatto con la natura, l’ascolto di buona musica, la lettura di poesie, attraverso momenti di silenzio e di introspezione ma soprattutto migliorando il nostro grado di autoconsapevolezza (svadhyaya: studio di sé) e le nostre relazioni con il mondo esterno.
Utilissimi in questo senso sono i suggerimenti che ci vengono da Yama e Niyama (le indicazioni etiche dello yoga). 
La purificazione del corpo emotivo migliora la nostra salute per gli effetti che ha sul corpo energetico ma anche la qualità della nostra vita interiore, donandoci maggiore equilibrio, serenità e capacità di retti rapporti. 

La purificazione del CORPO MENTALE avviene liberandolo da annebbiamenti, distorsioni, condizionamenti, pregiudizi, proiezioni.
Il fine è di ottenere un pensiero libero che sia veramente il nostro e riuscire a contattare la vera natura delle cose e il significato più profondo degli eventi della vita: comprendendoli cioè per ciò che veramente sono e non distorti attraverso la lente di un mentale torbido, annebbiato e contorto. Liberare la nostra mente dalle zavorre inutili significa renderla più disponibile e ricettiva verso il mondo sottile (percezioni, intuizioni, ...).Gli strumenti sono ancora l'esercizio dell’autoconsapevolezza, pratiche meditative e di mantra, la lettura di testi di saggezza, il contatto e confronto con chi è più avanti di noi nel cammino. Anche la purificazione di questo corpo risente notevolmente di quella realizzata sui corpi precedenti ed in particolare di quello emotivo. 


La purificazione di tutti gli involucri ci permette di contattare quello che è il corpo più importante dal punto di vista dello yoga: 

il CORPO CAUSALE o spirituale che di per sé puro e luminoso, non necessita quindi di pratiche di purificazione bensì l'entrare in contatto con questa nostra dimensione produce purificazione su tutti i corpi inferiori. Le vie d’accesso elettive sono il contatto con la bellezza e la meditazione. 

gennaio 2011


Primo vere



...ed ecco la primavera, il risveglio di tutto quanto ci attornia. Gli alberi fanno sbocciare le loro gemme di fiori e di foglie, gli animali cercano di scrollarsi di dosso il lungo inverno, i campi si riempiono di nuove erbe. 

Tutto è un rigoglio di nuovi germogli e anche se il tempo meteorologico non ci dà le soddisfazioni che vorremmo, notiamo senz'altro il protagonista di questa stagione: il VENTO, un continuo movimento, un divenire incalzante che pervade tutti gli elementi della natura. 

Anche il nostro corpo si riscuote dai rigori dell’inverno, tutto ci invita a muoversi, a cercare, a fare nuovi progetti: ma la zavorra, delle attività della stagione fredda ci appesantisce. 

Chiediamo quindi aiuto alla natura che ci suggerirà quanto ci sarà utile per migliorare il nostro benessere. Diverranno importanti, a tavola, tutte le verdure verdi, i germogli, le erbe selvatiche. In cucina la spezia regina è la curcuma che porta il sole dei benessere e il giusto movimento nel fegato e nella cistifellea. 

Per l'energetica cinese questa è la stagione di maggior lavoro per il nostro fegato, quindi riconsideriamo le cure disintossicanti e, per chi lo ritiene il digiuno ( in questo periodo la nostra cultura ha collocato la quaresima...). 

Ancora attenzione a tendini e muscoli; muoviamoci di più, così come ci suggerisce la stagione, abbiamo bisogno di ripulire il nostro organismo, anche per sgombrare il campo della nostra visione e fare chiarezza sui nostri intenti. 

Concludiamo come sempre suggerendo un rimedio disintossicante come la T.M. di TARAXACUM OFF. 50 gocce in poca acqua la mattina a digiuno, rimedio sconsigliato per chi soffre di calcolosi biliare.


Fu nel 1968 che...

Fu nel 1968 che incontrai per la prima volta lo zen, ma non lo riconobbi. Si presentò sotto le sembianze di un libro [1]; nell’aria, gli accordi del sitar di George Harrison e i versi dei poeti beat. Il titolo parlava di “vuoto mentale”. Lo lessi, lo misi nello scaffale, e continuai tranquillamente a riempire la mente. Incontrai nuovamente lo zen trent’anni dopo, nella veste, più dimessa, del volantino di un Centro Zen di Savona. 
Qualche giorno dopo, seduto su un cuscino nero, mi ritrovai ad osservare un muro bianco su cui si stagliava nitida la mia ombra. L’ombra di un corpo semplicemente seduto su un cuscino. 
Per un po’ la guardai soltanto, poi la vidi. “Ecco, è questo”. 
Certo, tra il libro del ’68 e il volantino del ’98 ci sono stati una dozzina di anni di pratica dello yoga. Da cui, quanto meno, ho avuto la conferma del fatto che l’Occidente non è quell’ombelico del mondo che ritiene di essere, ed ho appreso che non vi è poi nulla di strano nel passare ore seduto su un cuscino. 
Esauritasi la spinta propulsiva del mio rapporto con lo yoga, fu del tutto naturale transitare dal mandir al dojo, e lì continuare a cercare…per scoprire, col passare del tempo, che la pratica di zazen – l’essere semplicemente seduto su un cuscino – è una grande de-lusione. 
Perché zazen non lascia molto spazio alle il-lusioni. Nelle ore trascorse seduto, nell’afa estiva o con gli occhi velati dalla sonnolenza, i pensieri più nobili – la compassione, l’amore, il Buddha – e quelli più egocentrati – il lavoro, le opinioni su ogni cosa, le ansie quotidiane – appassiscono allo stesso modo nelle mani. 
La mente insegue ricordi ed elabora complicati progetti, ma è poi il respiro che li prosciuga, allorquando su di esso si pone l’attenzione. 
Il corpo stesso, immobile, vigila e riporta alla realtà del momento presente, con il contatto lieve del respiro o con il ginocchio indolenzito; o magari con il passo incerto, durante kin-hin, di chi ancora sta imparando a camminare. 
Il richiamo delle campane o uno sciacquone, una TV accesa o il cinguettio degli stornelli, ritornano ad essere semplici suoni. Nulla di mistico o di esoterico da inseguire, nulla di fastidioso da rigettare. Tranquille onde sonore nell’aria. 
Un colpo di tosse o un aroma d’incenso, una parola o il silenzio, un’ombra vera o solo immaginata. Al pari di un antico sutra, ogni fenomeno è di per sé un prezioso insegnamento. 
Nel dojo si sente ripetere spesso che zazen non serve a nulla, che in kin-hin non si va da nessuna parte, che non vi è nulla da ottenere. Parole asciutte, come la pratica stessa. Una pratica in apparenza sempre eguale a se stessa, non gratificante; epperò gratuita, come un dono che si fa o si riceve, senza nulla in cambio. 
Imprevedibile, perché ogni volta nuova. Mi siedo pregustando momenti di silenzio e di pace, e subito la mente si affolla di pensieri nervosi, o il corpo scivola in avanti sul cuscino, gli occhi lacrimano, il tempo non passa mai. Arrivo al dojo stanco, inquieto, e lo zazen porta con sé energia, freschezza. 
Ed ogni volta, istante per istante, mi osservo in zazen, come al mattino nello specchio: mi arrabbio, cerco di abbracciare la mia rabbia, di volerle bene; affiorano ricordi dolorosi, li accompagno col respiro; una folla grida scomposta nella mente, pian piano diviene sussurro. 
Perché pratico zazen? – talvolta mi chiedo, molti mi domandano. 
Non è nulla di speciale, è stato detto. Ed è vero, ma è lo stesso importante. 
Non mi serve per dare un senso alla mia vita. La vita ha già il suo significato, e la sua direzione, in se stessa. E zazen non è altro rispetto alla vita, non le si aggiunge. L’uccello non ha le ali per volare; ha le ali, e vola. 
Scrisse molti secoli or sono il Maestro Dogen: "Ogni cosa canta la verità senza aggiungere nulla”. Non serve zazen per essere in unità con il corpo, lo spirito, il mondo. L’unità per essere tale non abbisogna d’altro; aggiungere all’uno significa divenire due, o diecimila. 
E’ stato detto che non si pratica per ottenere il Risveglio, ma si pratica perché si è risvegliati. Si legge nel Sutra del Nirvana Definitivo: “Alcuni passano un grande fiume facendo un ponte… altri legano insieme una zattera; gli uomini sapienti hanno già attraversato”. 
Ed ancora il Maestro Dogen disse che “La Via è fondamentalmente perfetta”. Allora, perché zazen? 
Ma anche Francesco d’Assisi, quando si sentì chiedere da un confratello: “Se è vero che Gesù ha salvato tutti gli uomini, perché dobbiamo condurre questa vita di preghiera e povertà?”, capì subito di avere davanti a sé il diavolo, e lo scacciò - o più probabilmente lo invitò a pregare con lui. 
Forse, allora, non c’è un vero perché, del tutto visibile e razionale. Forse c’è stato, e poi l’ho lasciato semplicemente andare. Continuare a cercarlo, sarebbe aggiungere concetti a parole ad altri concetti. Val meglio aprirsi a ciò che la vita, il caso, il karma, mi offrono giorno dopo giorno. 
Allora, unisco le mani in gassho, riconoscente verso tutti gli esseri che mi furono e mi sono Maestri. Poi siedo incrociando le gambe, come fece il Buddha Shakyamuni sotto l’albero del Risveglio, e finalmente respiro.

 

sacro e profano: 
un bastone di legno 
sul pavimento 



1) "La dottrina zen del vuoto mentale" di D.T. Suzuki

di Mauro Tonko, monaco zen

venerdì 1 marzo 2013

Lettura di poesie haiku


Incontro con il flauto Bansuri




Lorenzo Squillari, da trent'anni ricercatore e studioso di bansuri (flauto traverso indiano) costruisce personalmente i flauti che suona e che commercializza. Dal 2002 è insegnante di bansuri presso il Conservatorio di Vicenza nel corso ad indirizzo indologico; è allievo diretto di Ustad Alì Akbhar Khan e di Hariprasad Chaurasia.

Hariprasad  Chaurasia e Lorenzo Squillari

L'incontro di domenica 10 marzo si svolgerà dalle ore 15.00 alle 18.00, il costo è di 25 euro. Si tratta di un corso pensato come primo approccio alla musica classica indiana ed allo strumento.
Gli strumenti verranno forniti dall'insegnante gratuitamente per la durata del corso, e saranno bansuri in sol. Alle 18 inizierà un concerto gratuito dell'insegnante accompagnato dalle tabla (percussioni).
Il Corso ed il concerto sono aperti a soci de Il Cerchio e a tutti gli interessati. 

Il blog del Maestro Lorenzo Squillari:

http://indianbambooflute.blogspot.it/2011/02/lorenzo-squillari-e-hariprasad.html

e il suo sito Internet:

http://www.flautobansuri.it/