domenica 1 settembre 2013

Serate di pratica yoga all'aperto


Sthira sukham asanam

L'asana è perfetta stabilità del corpo, perseveranza dell'intelligenza
e buona disposizione dello spirito


Prayatna saithilya ananta samapattibhyam

La perfezione nell'asana si raggiunge quando lo sforzo per eseguirla
diventa senza sforzo
e l'essere infinito dentro di noi viene raggiunto



Tatah dvandvah anabhighatah

Da questo punto in poi il sadhaka non è più disturbato dalle dualità.




Tutte le citazioni sono tratte dagli Yogasutra di Patanjali, nella traduzione di B.K.S. Iyengar.
Si veda:
B.K.S. Iyengar, Gli antichi insegnamenti dello Yoga, Ed. Gruppo Futura



venerdì 31 maggio 2013

Saluto al Sole nascente

Lunedì 27 maggio un gruppo di "valorosi" praticanti Yoga dell'associazione Il Cerchio si sono cimentati in un'esperienza di PRATICA ALL'ALBA sulla spiaggia dei bagni Umberto in Via Nizza, per contattare L'ENERGIA DEL SOLE NASCENTE, in profondo armonia con gli ELEMENTI, i quali hanno fatto sentire intensamente la loro presenza.



Partii col carro al primo chiarore
dell'alba, e proseguii il cammino
attraverso i deserti del mondo
lasciando la mia orma
su molte stelle e pianeti.


Molto presto, nell'alba, si disse
che avremmo navigato in una barca, soli Tu ed io
e il resto del mondo avrebbe, sì, ignorato
il nostro viaggio senza meta e senza porto.


Lasciate ch'egli appaia alla mia vista
come la prima delle luci, la prima
della forme. Lasciate che il mio primo
palpito di gioia mi venga all'animo
destato dal suo sguardo. E lasciate
che il ritorno in me stesso
sia l'immediato ritorno a Lui beato.



I versi citati sono tutti del poeta indiano Rabindranath Tagore, premio Nobel per la letteratura nel 1913.

martedì 14 maggio 2013

Incontro di flauto Bansuri










Lorenzo Squillari studia, ricerca, costruisce e insegna il Bansuri da più di 30 anni.

Nel 1981, inizia lo studio del Bansuri e della Musica Classica Indiana con il leggendario Maestro Ustad Ali Akbhar Khan presso la sua scuola di musica di San Raphael in California.
Dal 1984 studia il flauto Bansuri sotto la guida del Maestro Hariprasad Chaurasia.
Dal 2002 insegna il flauto Bansuri presso il conservatorio Pedrollo di Vicenza all’interno del corso di tradizioni musicali extraeuropee ad indirizzo indologico unico nel suo genere in europa.

Il laboratorio di Flauto bansuri-Canto

Il Bansuri è un semplice pezzo di bambù con 3 ottave di estensione cromatica. Può' creare infinite melodie con una dolcezza comparabile alla voce umana.
Un foro per il soffio e 6 fori per le dita accomunano tutti i popoli della terra da tempi immemorabili.
In India si dice ci siano 2 tipi di musica: una di intrattenimento e una come la chiamava il mio maestro Ustad Ali Akbar Khan, " cibo per l'anima".
Il Nada Yoga o yoga della musica, è una pratica che calma il corpo e lo spirito e che apre un cammino di nuove comprensioni di noi stessi in relazione alla vita.
Esso si fonda su perfetta intonazione del suono, sulla concentrazione, su melodia, su libertà' creativa.
La ripetizione di scale, esercizi, e composizioni, calma e focalizza la mente, é una meditazione oggettiva i cui progressi sono ovvi e condivisi da chi ascolta e da chi suona.
Il praticante si siede nella posizione del loto, rilassato respirando regolarmente coi pensieri tenuti al minimo. Suona concentrato sulla perfetta intonazione.

La musica viene insegnata come appresa dal mio maestro enfatizzando l'apprendimento orale.

Durante la lezione, sarà' introdotto e spiegato tramite il canto un raga della sera e le sue variazioni ritmiche .
Inizialmente verranno proposti gli esercizi e gli insegnamenti tradizionali per la voce con solfeggio Indiano.
Per il Bansuri seguiranno esercizi di diteggiatura respiro e intonazione con molta enfasi sull'apprendimento orale e teorico, per poter avanzare gradualmente nel vasto mondo di raga e tala, melodia e ritmo.
Per chi fosse sprovvisto di Bansuri, l’insegnante ne metterà a disposizione.
Quando possibile verranno fornite le registrazioni audio delle lezioni in modo da poter praticare anche a casa.

Per maggiori informazioni: http://www.flautobansuri.it/

lunedì 15 aprile 2013

Introduzione al flauto bansuri


Domenica 14 aprile si è svolto presso la sede dell’Associazione Il Cerchio l’incontro introduttivo del corso di flauto bansuri.


Gli strumenti musicali del corso, che è pensato come un primo approccio allo strumento e alla musica classica dell’India, sono stati forniti gratuitamente dall’insegnante, e lo saranno per tutta la durata del corso stesso.

Lorenzo Squillari con Hariprasad Chaurasia

Il docente, Lorenzo Squillari, da trent’anni è ricercatore e studioso di bansuri (flauto traverso indiano). Egli costruisce personalmente i flauti che suona e che commercializza. Dal 2002 è insegnante di bansuri presso il Conservatorio di Vicenza nel corso ad indirizzo indologico.

Lorenzo Squillari è allievo diretto di Ustad Ali Akbar Khan, grande maestro di musica indiana, la cui figura è stata commemorata durante l’incontro di domenica, in quanto il 14 aprile ricorre l’anniversario della sua nascita (1922).

Il maestro Squillari è altresì allievo di Hariprasad Chaurasia, compositore e musicista, attualmente considerato uno dei maggiori rappresentanti della musica classica indiana, con un livello di popolarità paragonabile a quello di Bismillah Khan e Ravi Shankar.

Hariprasad Chaurasia

Il prossimo appuntamento del corso di flauto bansuri è previsto per domenica 26 maggio.

Per ascoltare la musica dei grandi maestri indiani cliccare su:




giovedì 11 aprile 2013

Seminario di Pranayama











PRANAYAMA:
il respiro nello Yoga, il respiro nella vita



Seminario  condotto da Chiara Spinetti

Domenica  19 maggio 2013

Ore  16-19


mercoledì 3 aprile 2013

Il Cerchio nel Secolo XIX...

Riproponiamo qui un articolo apparso sul quotidiano IL SECOLO XIX del 28 ottobre 2008, nel quale venivano presentate e commentate dal giornalista Mario Schenone due iniziative proposte il sabato precedente da Il Cerchio: una lettura di racconti zen ed un concerto di musica indiana con Swami Nirvanananda.



Sempre più persone sentono il bisogno di evadere dallo stress della vita quotidiana e tra le forme di “evasione” più diffuse ai giorni nostri ci sono lo yoga e lo zen. 
Sabato l’associazione Il Cerchio “Una via fra oriente e occidente”, di Savona, ha dato vita ad un doppio appuntamento per presentare le sue diverse attività. 
Nel pomeriggio ha preso corpo una manifestazione all’insegna dello zen, diretta da Marco Viale, responsabile di questo settore nell’associazione Il Cerchio. 
“Obiettivo era quello di presentare la nostra attività di meditazione, che proseguirà nel corso dell'anno nell'associazione Il Cerchio - afferma Viale - Si tratta di un’attività legata allo Zen, una delle tradizioni del buddhismo fra le più antiche, che ha l’obiettivo di riportare ai valori essenziali della natura umana, vale a dire la saggezza, la compassione, il rispetto del prossimo e dell'ambiente, la comprensione delle leggi invisibili che regolano il mondo e le relazioni fra gli esseri umani e non solo. 
Questo insegnamento, che va oltre ogni epoca, serve innanzitutto ad estinguere la sofferenza. 
Noi proponiamo tre appuntamenti la settimana di un’ora, un’ora e mezza ciascuno, nel quale si punta principalmente sulla meditazione seduta (zazen) e camminata (kin-hin). 
Chi pratica queste tecniche vuole conoscere prevalentemente se stesso, attualmente a frequentare sono in prevalenza donne, dai trent’anni in su, anche se non esiste un limite di età. 
Per praticare lo zen non è richiesta una particolare somma, c’è una quota associativa di 15 euro l'anno all'associazione il Cerchio, oltre ad un contributo per le spese vive della struttura, che si aggira tra i 5 e i 25 euro al mese, a seconda della frequenza, con agevolazioni per i meno abbienti. E’ una pratica che non dà subito risultati ma che coinvolge sempre persone nuove. Io sono savonese, ho 53 anni, e sono diventato monaco zen nel '96, dopo aver praticato per tre anni. Insegno insieme a mia moglie, Maresa Di Noto, che è responsabile del gruppo insieme a me e facciamo parte dell’Associazione Zen Internazionale e dell’Associazione Buddhista Zen d’Europa”. 
Un disegno di Marco Viale
L'associazione Il Cerchio aveva però dato vita ad un doppio appuntamento. Nel pomeriggio, come detto era prevista la lettura di racconti Zen curata da Marco Viale mentre, a seguire, ha preso corpo una serata di canto devozionale a scopo benefico per un progetto in India per la scuola di un villaggio di lebbrosi. 
Protagonista era Swami Nirvanananda, accompagnato da sitar e tabla, due strumenti tradizionali della musica classica indiana, suonati per l’occasione, il primo da Claudio Berruti e il secondo da Maurizio Mordocca. 
“Nirvanananda è una persona che dopo trent’anni di pratiche yoga, meditazione e diversi viaggi in India, ha preso i voti come Saniassin, con i quali una persona si impegna a dedicare la sua vita alla ricerca interiore e alla spiritualità - sostiene la direttrice della scuola di yoga dell'associazione Il Cerchio, Chiara Spinetti, di Savona - Nel corso della serata sono stati proposti canti spirituali della tradizione indiana e di altre tradizioni. Tutto questo rientra nel contesto delle attività collegate allo yoga. 
Io ho iniziato a praticare lo yoga a 17 anni e non ho mai smesso. Oggi ho 48 anni, insegno educazione fisica al “Chiabrera” e anche yoga con il Cerchio e posso dire che questa disciplina ha dato una svolta alla mia vita, fin dall’età dell’adolescenza. 
Si tratta infatti di una disciplina che permette di conoscere a fondo noi stessi e di entrare in contatto con la nostra sfera spirituale”. Lo yoga è una antichissima pratica che si è sviluppata in India. Si tratta di un mezzo concreto e preciso che partendo da ciascun individuo, nel rispetto della sua personalità e morfologia conduce, attraverso il raggiungimento di un equilibrio psico-fisico, ad uno spazio interiore dell'individuo stesso. 
Il percorso parte dal corpo con la pratica di Asana, vale a dire un raffinato lavoro sulle posture che porta ad una maggiore consapevolezza del corpo stesso, con una regolazione e un riequilibro delle sue funzioni e all’ottenimento di una maggiore mobilità articolare. 
Lo Zen consiste invece nel sedersi in una postura di grande concentrazione, senza scopo nè spirito di profitto. 

MARIO SCHENONE 

Swami Nirvanananda

martedì 12 marzo 2013

Poesie di primavera - Sengai Gibon


Riportiamo qui i versi (ed alcuni disegni) del poeta giapponese Sengai Gibon (1750-1837), che il monaco Francesco ha letto presso la Sede de Il Cerchio nel pomeriggio di primavera di sabato 9 marzo.


A cosa paragonare la nostra vita?
A un lampo o a una goccia di rugiada…
Così penso – ma già non è più.

Nell’eremo delle illusioni
i fiori dell’alba
sbocciano, appassiscono,
appassiscono e sbocciano.
Tutto questo è solo un sogno;
luce del mattino sui fiori
nel tempio delle illusioni.

Si dice che la comunità del Buddha
fosse composta da ottantamila individui;
anche Confucio aveva tremila discepoli.
Io siedo solitario sulla pietra muschiata fra i glicini,
e a tratti osservo le nubi che trascorrono.



Come una zucca che galleggia: mai immobile, ora sopra ora
sotto l’acqua, in balia delle onde – del tutto estranea ai
propri movimenti. Se anche venissero a prenderla il
Buddha o il Diavolo, Yao o Shun, Confucio o Mozi,
Laozi o Zhuangzi, la zucca sfuggirebbe loro di mano.
Sorprendente!

Quando vedo le ombre
nel seno del grande vuoto,
come mi appare libera, e intrepida,
la luna nella notte autunnale!

Il mio pensiero costante,
la mente, il Buddha e tutti gli esseri,
nessuna differenza fra i tre.
  
Squartane uno, squartali tutti,
il gatto non è l'unica cosa al mondo.
C'è posto per tutti:
per i monaci a capo dei due dormitori
ed anche per Wo il vecchio maestro.
  
Le rape e i monaci zen
sono migliori se ben seduti.
  
Che tu parli o non parli
riceverai comunque
trenta colpi di bastone.
  
Le poesie vanno lette a chi possa comprenderle;
il sake va bevuto con chi ti conosce.



Perchè ridono?
Le nuvole, che non fanno giuramenti,
attraversano il ponte di montagna
di giorno e di sera
in assoluta libertà.

Quando vedo le ombre
nel seno del grande vuoto,
come mi appare libera, e intrepida,
la luna nella notte autunnale!

A cosa va paragonata
la nostra vita?
E' come un monaco
che cerca di allungare le braccia:
ma se un braccio è disteso,
l'altro sarà contratto.

Schiacciati gli occhi
e vedrai due lune d'autunno!
  
Oh granchio, granchio!
Pensi che il mondo sia
come le rive di Naniwa,
dove ti muovi libero
fra i canneti.
  
Il bene e il male
escono
dagli occhi, dalla bocca, dal naso?

Proprio perché stiamo
tra il bene e il male
ci delizia la fresca brezza della sera.

Vivere o morire.

Non è pazienza sopportare
ciò che è sopportabile;
pazienza è sopportare l'insopportabile.


Ci sono cose che un saggio non riesce a fare mentre
uno stupido si. E scoprendo di aver inaspettatamente
trovato la vita nella morte, egli ride di cuore.
  
La compagnia delle donne
è meglio dei ciliegi in fiore,
persino a Yoshino!

Ad uno ad uno crescono
fitti i bambù;
le loro radici congiunte
sulle montagne e nei fiumi.

C'è più gusto sotto il naso
che sotto i fiori.
Ma noi contadini siamo il principio del mondo.

La luce del giorno muore
come ignara goccia
di rugiada.
Rifiorirà la vita
con i convolvoli?

Purificatevi nella prima acqua del nuovo anno
e giorno dopo giorno bagnatevi di nuovo,
nuovi ogni giorno.

Difficile distinguere un airone bianco sulla neve;
ma come spiccano i corvi!


lunedì 11 marzo 2013

La primavera, che un giorno...




La primavera, che un giorno apparve col suo seguito 
nel mio giardino, 
s’alzò chiassosa 
nell’abbondanza d’innumeri petali, 
nel melograno, nelle campanule, 
nelle nuove foglie, di foresta in foresta: 
con i suoi molteplici baci 
turbò l’azzurro del cielo: 
fece poi ritorno silenziosa 
nel mio eremo deserto: 
senza battere ciglio 
rimane ferma, 
nascosta in un angolo 
della mia casa solitaria: 
guarda lontano, verso l’orizzonte, 
dove il verde svanisce 
e muore l’azzurro del cielo. 



Rabindranath Tagore (1861-1941), premio Nobel per la letteratura nel 1913

Tagore e Gandhi

mercoledì 6 marzo 2013

Il melo nell'oceano

Un vecchio maestro, un antico Buddha disse: In un luogo dell’Oceano, a una profondità infinita, un melo sboccia in una moltitudine di fiori. 
Chi vuole vederlo e si immerge nell'acqua deve perdere qualche cosa, una scarpa, i capelli o un ricordo. 
Più profondamente egli si immerge, più cose di se stesso perde ed oblia nell’acqua verde e frusciante come un bosco di faggi. 
Per esempio dimentica di respirare. 
Eppure respira. 
E non respira acqua. 
Chi giunge a vedere il melo come lui sboccia in fiori di carne e di acqua luminosa. 
Come fare a immergersi? 
In quel punto dell’Oceano l'acqua è così densa che neppure uno spillo potrebbe penetrarla! 
Dimentico anche dello spillo, il drago azzurro vi scompare in un diadema di spruzzi. 
Ogni goccia ricadendo diviene un seme. 
Ogni seme, sul fondo dell’Oceano, si sviluppa in un albero di melo. 
Ogni melo fiorisce di fiori preziosi. 
E il drago? 
Non c’è mai stato. 
Così neppure l’albero di mele. 
Ogni respiro si fa fiore nella profondità della mente. 

di Pietro Homyo, monaco zen





Amo molto i merli, sia i maschi neri col becco giallo, che le femmine, più discrete....
Qui, vicino alla mia casa, c’è un piccolo giardino e ne vedo ogni giorno molti, col loro becco giallo...
Non so perché, ma quando vedo un merlo penso subito alla dolcezza e alla compassione del bodhisattva, colui la cui natura è il Risveglio..... 

Sul ramo secco 
Non cade anche stanotte 
II vociare del merlo. 

Davvero dolce

Nel becco del merlo 
la ciliegia matura. 


di Maresa Myogen, monaca zen




Yoga e purificazione

Lo stimolo per la riflessione sul tema della PURIFICAZIONE, in questo trimestre, ci viene dallo yoga: purificarsi perché? Da che cosa? Come?

In senso generale per liberarci di ciò che del vecchio non ci è più utile o è addirittura nocivo e fare spazio al nuovo, per rendere più creativa la nostra vita. Per quanto riguarda il come e il perché dobbiamo fare riferimento alla visione dell’essere umano nella concezione dello yoga: cioè come una realtà bio-psico-spirituale composta da più involucri o corpi strettamente connessi ed interagenti tra loro.
Li considereremo quindi singolarmente tenendo presente che, a causa della stretta interrelazione reciproca, la purificazione di ciascun corpo produce effetti a catena su tutti gli altri. 

Purificare il CORPO FISICO significa liberarci, almeno in parte, dalle sostanze tossiche che ingeriamo, assorbiamo, respiriamo, produciamo, mantenendo così con il nostro strumento di azione nel mondo sano, pulito ed efficiente. Il beneficio non consiste solo nel sentirci bene e disporre pienamente delle nostre potenzialità sul piano corporeo e nel godere a pieno della nostra sensorialità, ma riscontriamo rapidamente effetto sulla nostra vitalità (corpo energetico), migliora l’umore (corpo emotivo), la lucidità mentale e la capacità di concentrazione (corpo mentale). 
La purificazione sul piano fisico si attua attraverso una corretta alimentazione, la pratica dello Hatha yoga (asana e pranayama), la pratica dei Sat Karma (specifiche tecniche di purificazione degli organi interni), alcune pratiche naturopatiche quali il digiuno, l’idroterapia e l’urinoterapia e, perché no, anche il supporto di alcuni rimedi naturali. 

Il CORPO ENERGETICO è l'aspetto sottile del corpo fisico, il vero responsabile della nostra vitalità e risente di tutti i danni che ci procuriamo a partire dal corpo fisico (abitudini di vita scorrette: cibo, fumo, alcol, ritmi di vita irregolari o inadeguati), così come di quelli che originano nel corpo emotivo (gestione delle emozioni).
Purificarlo significa migliorare la nostra vitalità ed il nostro equilibrio psico-fìsico ed affinare la nostra ricettività sul piano energetico. 
La purificazione di questo corpo avviene attraverso specifiche tecniche di Pranayama (tecniche respiratorie), Krya (tecniche mentali), Mantra (tecniche vocali) ma risente anche della purificazione del corpo fisico e del corpo emotivo. 

Il CORPO EMOTIVO è il corpo dell’emozione e del desiderio: su questo piano ci purifichiamo attraverso l’attività motoria, il contatto con la natura, l’ascolto di buona musica, la lettura di poesie, attraverso momenti di silenzio e di introspezione ma soprattutto migliorando il nostro grado di autoconsapevolezza (svadhyaya: studio di sé) e le nostre relazioni con il mondo esterno.
Utilissimi in questo senso sono i suggerimenti che ci vengono da Yama e Niyama (le indicazioni etiche dello yoga). 
La purificazione del corpo emotivo migliora la nostra salute per gli effetti che ha sul corpo energetico ma anche la qualità della nostra vita interiore, donandoci maggiore equilibrio, serenità e capacità di retti rapporti. 

La purificazione del CORPO MENTALE avviene liberandolo da annebbiamenti, distorsioni, condizionamenti, pregiudizi, proiezioni.
Il fine è di ottenere un pensiero libero che sia veramente il nostro e riuscire a contattare la vera natura delle cose e il significato più profondo degli eventi della vita: comprendendoli cioè per ciò che veramente sono e non distorti attraverso la lente di un mentale torbido, annebbiato e contorto. Liberare la nostra mente dalle zavorre inutili significa renderla più disponibile e ricettiva verso il mondo sottile (percezioni, intuizioni, ...).Gli strumenti sono ancora l'esercizio dell’autoconsapevolezza, pratiche meditative e di mantra, la lettura di testi di saggezza, il contatto e confronto con chi è più avanti di noi nel cammino. Anche la purificazione di questo corpo risente notevolmente di quella realizzata sui corpi precedenti ed in particolare di quello emotivo. 


La purificazione di tutti gli involucri ci permette di contattare quello che è il corpo più importante dal punto di vista dello yoga: 

il CORPO CAUSALE o spirituale che di per sé puro e luminoso, non necessita quindi di pratiche di purificazione bensì l'entrare in contatto con questa nostra dimensione produce purificazione su tutti i corpi inferiori. Le vie d’accesso elettive sono il contatto con la bellezza e la meditazione. 

gennaio 2011


Primo vere



...ed ecco la primavera, il risveglio di tutto quanto ci attornia. Gli alberi fanno sbocciare le loro gemme di fiori e di foglie, gli animali cercano di scrollarsi di dosso il lungo inverno, i campi si riempiono di nuove erbe. 

Tutto è un rigoglio di nuovi germogli e anche se il tempo meteorologico non ci dà le soddisfazioni che vorremmo, notiamo senz'altro il protagonista di questa stagione: il VENTO, un continuo movimento, un divenire incalzante che pervade tutti gli elementi della natura. 

Anche il nostro corpo si riscuote dai rigori dell’inverno, tutto ci invita a muoversi, a cercare, a fare nuovi progetti: ma la zavorra, delle attività della stagione fredda ci appesantisce. 

Chiediamo quindi aiuto alla natura che ci suggerirà quanto ci sarà utile per migliorare il nostro benessere. Diverranno importanti, a tavola, tutte le verdure verdi, i germogli, le erbe selvatiche. In cucina la spezia regina è la curcuma che porta il sole dei benessere e il giusto movimento nel fegato e nella cistifellea. 

Per l'energetica cinese questa è la stagione di maggior lavoro per il nostro fegato, quindi riconsideriamo le cure disintossicanti e, per chi lo ritiene il digiuno ( in questo periodo la nostra cultura ha collocato la quaresima...). 

Ancora attenzione a tendini e muscoli; muoviamoci di più, così come ci suggerisce la stagione, abbiamo bisogno di ripulire il nostro organismo, anche per sgombrare il campo della nostra visione e fare chiarezza sui nostri intenti. 

Concludiamo come sempre suggerendo un rimedio disintossicante come la T.M. di TARAXACUM OFF. 50 gocce in poca acqua la mattina a digiuno, rimedio sconsigliato per chi soffre di calcolosi biliare.


Fu nel 1968 che...

Fu nel 1968 che incontrai per la prima volta lo zen, ma non lo riconobbi. Si presentò sotto le sembianze di un libro [1]; nell’aria, gli accordi del sitar di George Harrison e i versi dei poeti beat. Il titolo parlava di “vuoto mentale”. Lo lessi, lo misi nello scaffale, e continuai tranquillamente a riempire la mente. Incontrai nuovamente lo zen trent’anni dopo, nella veste, più dimessa, del volantino di un Centro Zen di Savona. 
Qualche giorno dopo, seduto su un cuscino nero, mi ritrovai ad osservare un muro bianco su cui si stagliava nitida la mia ombra. L’ombra di un corpo semplicemente seduto su un cuscino. 
Per un po’ la guardai soltanto, poi la vidi. “Ecco, è questo”. 
Certo, tra il libro del ’68 e il volantino del ’98 ci sono stati una dozzina di anni di pratica dello yoga. Da cui, quanto meno, ho avuto la conferma del fatto che l’Occidente non è quell’ombelico del mondo che ritiene di essere, ed ho appreso che non vi è poi nulla di strano nel passare ore seduto su un cuscino. 
Esauritasi la spinta propulsiva del mio rapporto con lo yoga, fu del tutto naturale transitare dal mandir al dojo, e lì continuare a cercare…per scoprire, col passare del tempo, che la pratica di zazen – l’essere semplicemente seduto su un cuscino – è una grande de-lusione. 
Perché zazen non lascia molto spazio alle il-lusioni. Nelle ore trascorse seduto, nell’afa estiva o con gli occhi velati dalla sonnolenza, i pensieri più nobili – la compassione, l’amore, il Buddha – e quelli più egocentrati – il lavoro, le opinioni su ogni cosa, le ansie quotidiane – appassiscono allo stesso modo nelle mani. 
La mente insegue ricordi ed elabora complicati progetti, ma è poi il respiro che li prosciuga, allorquando su di esso si pone l’attenzione. 
Il corpo stesso, immobile, vigila e riporta alla realtà del momento presente, con il contatto lieve del respiro o con il ginocchio indolenzito; o magari con il passo incerto, durante kin-hin, di chi ancora sta imparando a camminare. 
Il richiamo delle campane o uno sciacquone, una TV accesa o il cinguettio degli stornelli, ritornano ad essere semplici suoni. Nulla di mistico o di esoterico da inseguire, nulla di fastidioso da rigettare. Tranquille onde sonore nell’aria. 
Un colpo di tosse o un aroma d’incenso, una parola o il silenzio, un’ombra vera o solo immaginata. Al pari di un antico sutra, ogni fenomeno è di per sé un prezioso insegnamento. 
Nel dojo si sente ripetere spesso che zazen non serve a nulla, che in kin-hin non si va da nessuna parte, che non vi è nulla da ottenere. Parole asciutte, come la pratica stessa. Una pratica in apparenza sempre eguale a se stessa, non gratificante; epperò gratuita, come un dono che si fa o si riceve, senza nulla in cambio. 
Imprevedibile, perché ogni volta nuova. Mi siedo pregustando momenti di silenzio e di pace, e subito la mente si affolla di pensieri nervosi, o il corpo scivola in avanti sul cuscino, gli occhi lacrimano, il tempo non passa mai. Arrivo al dojo stanco, inquieto, e lo zazen porta con sé energia, freschezza. 
Ed ogni volta, istante per istante, mi osservo in zazen, come al mattino nello specchio: mi arrabbio, cerco di abbracciare la mia rabbia, di volerle bene; affiorano ricordi dolorosi, li accompagno col respiro; una folla grida scomposta nella mente, pian piano diviene sussurro. 
Perché pratico zazen? – talvolta mi chiedo, molti mi domandano. 
Non è nulla di speciale, è stato detto. Ed è vero, ma è lo stesso importante. 
Non mi serve per dare un senso alla mia vita. La vita ha già il suo significato, e la sua direzione, in se stessa. E zazen non è altro rispetto alla vita, non le si aggiunge. L’uccello non ha le ali per volare; ha le ali, e vola. 
Scrisse molti secoli or sono il Maestro Dogen: "Ogni cosa canta la verità senza aggiungere nulla”. Non serve zazen per essere in unità con il corpo, lo spirito, il mondo. L’unità per essere tale non abbisogna d’altro; aggiungere all’uno significa divenire due, o diecimila. 
E’ stato detto che non si pratica per ottenere il Risveglio, ma si pratica perché si è risvegliati. Si legge nel Sutra del Nirvana Definitivo: “Alcuni passano un grande fiume facendo un ponte… altri legano insieme una zattera; gli uomini sapienti hanno già attraversato”. 
Ed ancora il Maestro Dogen disse che “La Via è fondamentalmente perfetta”. Allora, perché zazen? 
Ma anche Francesco d’Assisi, quando si sentì chiedere da un confratello: “Se è vero che Gesù ha salvato tutti gli uomini, perché dobbiamo condurre questa vita di preghiera e povertà?”, capì subito di avere davanti a sé il diavolo, e lo scacciò - o più probabilmente lo invitò a pregare con lui. 
Forse, allora, non c’è un vero perché, del tutto visibile e razionale. Forse c’è stato, e poi l’ho lasciato semplicemente andare. Continuare a cercarlo, sarebbe aggiungere concetti a parole ad altri concetti. Val meglio aprirsi a ciò che la vita, il caso, il karma, mi offrono giorno dopo giorno. 
Allora, unisco le mani in gassho, riconoscente verso tutti gli esseri che mi furono e mi sono Maestri. Poi siedo incrociando le gambe, come fece il Buddha Shakyamuni sotto l’albero del Risveglio, e finalmente respiro.

 

sacro e profano: 
un bastone di legno 
sul pavimento 



1) "La dottrina zen del vuoto mentale" di D.T. Suzuki

di Mauro Tonko, monaco zen

venerdì 1 marzo 2013

Lettura di poesie haiku


Incontro con il flauto Bansuri




Lorenzo Squillari, da trent'anni ricercatore e studioso di bansuri (flauto traverso indiano) costruisce personalmente i flauti che suona e che commercializza. Dal 2002 è insegnante di bansuri presso il Conservatorio di Vicenza nel corso ad indirizzo indologico; è allievo diretto di Ustad Alì Akbhar Khan e di Hariprasad Chaurasia.

Hariprasad  Chaurasia e Lorenzo Squillari

L'incontro di domenica 10 marzo si svolgerà dalle ore 15.00 alle 18.00, il costo è di 25 euro. Si tratta di un corso pensato come primo approccio alla musica classica indiana ed allo strumento.
Gli strumenti verranno forniti dall'insegnante gratuitamente per la durata del corso, e saranno bansuri in sol. Alle 18 inizierà un concerto gratuito dell'insegnante accompagnato dalle tabla (percussioni).
Il Corso ed il concerto sono aperti a soci de Il Cerchio e a tutti gli interessati. 

Il blog del Maestro Lorenzo Squillari:

http://indianbambooflute.blogspot.it/2011/02/lorenzo-squillari-e-hariprasad.html

e il suo sito Internet:

http://www.flautobansuri.it/

venerdì 22 febbraio 2013

La borsa della spesa (Gruppo d'acquisto solidale)


Come sapete tra le attività proposte ai soci dalla nostra associazione c'è anche quella degli acquisti collettivi di prodotti biologici. Quando diciamo collettivi auspichiamo che possa formarsi un gruppo di persone che, operando insieme, costruisca un modo diverso di fare acquisti. La presenza costante di alcuni volontari è garanzia di serietà e continuità nel lavoro, ma questo non deve far pensare per quanto riguarda tutte le fasi operative ad una delega totale affidata a questo gruppo ristretto.
Anzi, secondo noi, anche la fase preparatoria è fondamentale proprio per capire l'importanza di un'alimentazione più sana. Non è il caso di spiegare a chi legge il valore socio-ambientale dell'incremento nel consumo di prodotti bio: nella ricerca della quale si fa promotore Il Cerchio di un rapporto più equilibrato ed olistico con se stessi e con l'ambiente che ci circonda, la scelta di privilegiare l'acquisto di prodotti bio è sicuramente una scelta di salute, ma diventa anche un forte contributo all'ecosistema, favorendo lo sviluppo economico del settore e dando forma a pratiche produttive e commerciali attente al benessere.

Forse alcuni ricorderanno lo slogan: "quando compri, voti!"...e questa è l'indicazione che vorremmo potesse arrivare al mercato dei nostri acquisti: un chiaro invito a privilegiare un certo tipo di prodotti (con un impatto sempre minore sull'ambiente) a scapito di altri che, invece, vengono ad incidere pesantemente sull'ecosistema e di conseguenza sul benessere individuale. Non si tratta semplicemente di creare un'altra strada alternativa al consumo, determinando una nuova rincorsa ad un accaparramento privilegiato, ma piuttosto di porre in essere attenzioni sempre più vive che possano favorire la produzione anche nelle nostre zone, riducendo i passaggi e le manipolazioni della merce e dunque avvicinandoci maggiormente ai bisogni della terra. Ci permettiamo quindi di ricordare ed evidenziare alcuni punti fondamentali che sono alla base del nostro lavoro:

1. Attenzione ad uno stile di vita più sobrio. Questa verifica mi deve portare all'individuazione dei bisogni primari, escludendo le sollecitazioni del mercato (per quanto riguarda il cibo, ad esempio, prodotti più semplici e rinuncia a merci, anche bio, che ricalcano modelli consumistici).

2. Attenzione al rischio dell'avidità (la corsa all'accaparramento di beni e strumenti che mi rassicurano e che mi pongono in continua competizione).

3. Attenzione alla cultura della convivialità, cercando di non cadere nell'egoismo della scelta individualistica e privilegiata (tipo boutique).

4. E, non ultimo, un elogio della leggerezza: tutto questo vuole essere un invito ad uno stile di vita più piacevole e allegro, deponendo quel senso di insoddisfazione che ci tormenta e ci fa diventare dei consumatori sempre più voraci.

5. Estrema attenzione ai cibi che devono avere la caratteristica della semplicità: dalla produzione (piccoli produttori locali che magari ricercano varietà autoctone e povere), al confezionamento (imballaggi e trasbordi eccessivi), alla concentrazione nelle mani di pochi, grandi distributori che privilegiano le qualità standard a danno della scoperta di gusti, formati e aspetti diversi.


Secondo queste impostazioni non si tratta solo, a nostro parere, di sostituire prodotti di massa con altri, magari più costosi, che ci tranquillizzino perché ecologici. Si tratta piuttosto di privilegiare un approccio differente di tutto il nostro essere, di non considerarci come semplici contenitori, ma di vedere in noi gli agenti responsabili e adulti di un lungo cammino costruttivo alle cose, sia per quanto riguarda la nostra alimentazione, che il nostro corpo, le relazioni con gli altri, la salute, l'ambiente e quant'altro.
Crediamo di poter concludere queste righe lasciandoci con questo pensiero sul quale lavorare: “Chi riconosce il sufficiente come sufficiente, avrà sempre il sufficiente”.
Buona spesa a tutti!

Il Gruppo d'acquisto
(gennaio 2003)